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Sueli Carneiro: “Se il femminismo deve liberare le donne, deve affrontare virtualmente tutte le forme di oppressione.” – Afroféminas

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Sueli Carneiro: “Se il femminismo deve liberare le donne, deve affrontare virtualmente tutte le forme di oppressione.” – Afroféminas Foto di Felipe Redondo Sueli Carneiro è una delle più importanti attiviste del movimento nero brasiliano e una delle fondatrici di Geledés-Istituto di donne di colore, la prima organizzazione nera e femminista indipendente, che difende i diritti delle donne nere in Brasile e dove si sviluppano proposte politiche che promuovono l’uguaglianza di genere e razza. Era nata nel quartiere di San Paolo di Lapa nel 1950, la prima dei sette figli di una sarta e un ferroviere. Ha studiato filosofia all’Università di San Paolo ed è dottoressa in scienze dell’educazione della stessa istituzione. Sueli ha una negritudine attivista, imprenditoriale, femminista e intellettuale. Si è presentata al femminismo degli anni ’70 ed è stata la fondatrice del Colectivo de Mujeres Negras de São Paulo nel 1980, la prima organizzazione del suo genere nello stato di São Paulo.

Senza frontiere non c'è tratta

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Senza frontiere non c'è tratta La lotta contro la tratta finalizzata alla prostituzione forzata è parte delle politiche della restrizione migratoria. Periodicamente riemerge pubblicamente il tema della prostituzione, sempre associata nell’immaginario alla tratta, spesso di proposito e senza ingenuità. Le più estreme delle posizioni abolizioniste contribuiscono a spargere sessuofobia con un linguaggio proprio di Torquemada, e i politici e le politiche si erigono come salvator3 di queste “povere donne”, puntando su nuove proibizioni, più polizia, più sanzioni penali. Solitamente, mancano -o non sono sufficientemente ascoltate- le voci dell3 prostitut3, delle persone che effettivamente subiscono materialmente nelle loro vite i cambiamenti portati da queste nuove pene. La scusa è che sono voci “privilegiate”, o che formano quella piccola parte di sex workers che non si prostituisce in maniera forzata. Le cifre che si sanno per buone, e che molti media riportano citando fonti non ve

Il patriarcato ci fotte tuttə: maschi eterocis compresi (seconda parte)

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Il patriarcato ci fotte tuttə: maschi eterocis compresi  (seconda parte) Ma se i maschi eterocis si fossero uniti a noi in questa lotta decennale, oggi che mondo sarebbe? Non diciamo che non abbiano fatto nulla, diciamo che avrebbero potuto fare di più. Da femministə il dubbio dobbiamo quantomeno porcelo. Facciamo un esempio, banale, probabilmente scontato, e sicuramente non italiano. In Argentina sappiamo bene che las Madres y las Abuelas de Plaza de Mayo sono letteralmente diventate con la loro lucha un punto di riferimento di femminismo, al punto che il loro pañuelo bianco (che in realtà in origine non era altro che il pannolino bianco di stoffa del loro hije desaparecide) è diventato, con colori diversi, il simbolo del femminismo sudamericano, da Non Una Di Meno in poi. Quando è stato chiesto loro come mai i loro mariti non si fossero organizzati, hanno risposto che, in realtà, lo avevano fatto o quanto meno ci avevano provato. Molto banalmente: non aveva funzionato. Da un lato in

Il patriarcato ci fotte tuttə: maschi eterocis compresi (prima parte)

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Il patriarcato ci fotte tuttə: maschi eterocis compresi (prima parte) Con questo articolo vogliamo parlare di un tema piuttosto problematico. Già il fatto di essere costrettə a definirlo tale è di per sé problematico. Andando avanti capirete il perché. La presenza dei maschi eterocis all’interno del movimento femminista, dei nostri collettivi, delle nostre strade, delle nostre piazze, dei nostri Pride, dei nostri ambienti. Insomma nostri. Nostri significa anche loro? Sono nostri alleati? Membri effettivi? Membri però con dei ma? Con dei forse? Con riserva? Ecco, già il fatto che ci si ponga questi quesiti rende la faccenda problematica. Ma non si può certamente nascondere la testa sotto la sabbia e fingere che non esista un problema. Il problema c’è. Eccome se c’è. Ma andiamo per ordine. Con la nascita della terza ondata del femminismo e ancora di più con la quarta, con i movimenti di liberazione omosessuale e il movimento queer, con la presa di coscienza dell’intersezionalità (qu

IO, PHROCIO, CONTRO L'OMOSESSUALITÀ ROMANTICA

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IO, PHROCIO, CONTRO L'OMOSESSUALITÀ ROMANTICA C'è chi mi chiama omosessuale, chi gay, chi queer, chi addirittura ricchione o phrocio. Dovrei offendermi? Perché? È quello che sono, mi piacciono gli uomini, mi piace il cazzo, che male c'è? Ad un “brutto phrocio”, io rispondo: “brutto o dici a frait! phrocio? è quello che sono!” Dovrei smettere di dire che sono phrocio solo perché c'è chi usa questa parola per insultarmi? Chi lo ha deciso?  Quando ho capito di essere gay, ho capito che la mia vita che consideravo normale, mai più sarebbe stata “normale”. Ma in fondo cos'è la normalità, se non un volersi necessariamente adeguare ad uno schema borghese fatto di coppie “felici” formate da due personaggi delle favole che stanno insieme perché si amano e vogliono costruire insieme la loro famiglia perfetta, con l'uomo cavaliere che compra fiori, cioccolatini e offre inviti a cena, e la donna damigella dolce che si fa aprire la portiera e si fa bella per lui?  E i gay? I

Il sangue divino delle donne

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Abbiamo deciso di tradurre questo ottimo pezzo di un po' di tempo fa di una giornalista spagnola che, partendo da un caso mediatico e giuridico, ne approfitta per parlare dello stigma sulle mestruazioni e il sangue femminile. Buona lettura! Il sangue divino delle donne (di Cristina Fallarás) La Procura ha appena dichiarato che rappresentare la Vergine che partorisce non è un crimine d'odio. Se consideriamo che l'unico ruolo di quella donna che hanno adorato e adorano miliardi di persone è stato quello di partorire, la faccenda ha la sua importanza. Sono cresciuta in un mondo in cui le "cose ​​da donne" erano vergognose e un po' disgustose. Cose da donne. Un mondo di panni, assorbenti, sangue, parto, latte e perdite. Erano questioni nascoste che non venivano discusse, come i miei genitali. Erano chiamati "là" o "laggiù". Ricordo "lavare laggiù". Del corpo non si parlava, le cose non avevano nome. La prima mestruazione è arrivata co